giovedì 4 aprile 2019

Mad Mini Reviews: cosa penso degli Oscar, Captive State


Ciao a tutti, sono finalmente tornata! 

Mi scuso per la prolungata assenza, pensavo e speravo che la corsa agli Oscar sarebbe stata favorevole per scrivere delle recensioni, ma così non è stato per più ragioni. Prima di tutto i film erano troppi, era impossibile fare una recensione per ognuno; in secondo luogo, una buona parte dei film candidati agli Oscar non erano meritevoli di recensione perché poco decenti e prodotti per la massa (ad esempio Black Panther e A Star is Born). 

Perché un pensiero così estremo, vi chiederete? Perché l’intrattenimento puro non è arte, anche se negli ultimi anni stanno facendo di tutto per farlo passare come tale e tantissima gente ci sta cascando come una tonnara; difficile anche non cascarci, visto il costante brainwashing

Ed è per questo che volevo parlarvi della mia opinione sugli Oscar, soprattutto quest’anno che ho visto tutti i candidati al miglior film. C’è chi osanna alla rivolta di Hollywood contro Trump e all’apertura verso le minoranze e ai generi sottovalutati. Scusate, solo per me è palese la presa per il culo di fondo in tutto questo? 
Fotogramma da Roma, di Alfonso Cuaròn


Per dire, io mi chiedo chi è riuscito a credere che Black Panther sia un cinecomic molto superiore a quelli finora usciti e non ha notato la velata metafora che scorre lungo tutto il film: i wakandiani sono meno sottosviluppati degli altri africani solo perché un meteorite gli è caduto in testa per caso e gli ha regalato un metallo fantastico con cui si sono potuti costruire la super tecnologia, che però per quasi tutto il film decidono di tenersi ben stretta in barba al mondo, e soprattutto al resto del loro continente, che ne avrebbe davvero bisogno. Senza contare l’accento afro con cui parlano in lingua originale che canzoncine razziste scansatevi, e il fatto che il re viene decretato tramite una sana scazzottata in una cascata a picco su una montagna. 
... Dicevamo?

Insomma, ditemi dove la vedete questa rivoluzione: siamo nel 2019, il film che secondo l’Academy esalta la cultura afroamericana è questo. Per carità, è anche vero che queste pellicole derivano da fumetti per buona parte scritti in anni in cui il pensiero era un tantino più limitato e tradizionalista di adesso (o forse ci piace credere che fosse così); ed è quindi anche per questo che il cinecomic è veramente l’ultimo dei generi che andrebbe esaltato come se potesse essere qualcosa in più di quello che è.

Blackkklansman descrive la cultura afroamericana in tutte le sue sfumature!

Ma sto divagando. Quello che volevo semplicemente dirvi è che i film belli c’erano in quella categoria: sono quelli che hanno preso una statuina se va bene e di certo non per meriti di primaria importanza a parte un’unica eccezione, Roma di Alfonso Cuaròn, che però penso abbia ricevuto così tanto consenso perché era in competizione come miglior film straniero, categoria tenuta di conto. In altre parole i film davvero belli oltre a Roma erano Vice, Blackkklansman e soprattutto La Favorita: tutti con una storia forte, tutti con personaggi ben scritti e ben interpretati, e specialmente tutti con una regia con i controcazzi (Lanthimos poi, nemmeno ve lo dovrei dire, sa usare il linguaggio cinematografico alla perfezione). 

Tutti vincitori di una misera statuetta.
Ci fregano con i feels, con l’hype e con i grandi nomi (lo ammetto, un po’ ci sono cascata anch’io con Bohemian Rhapsody e con Green Book), ma la verità è che Hollywood tenterà sempre di oscurare il grande cinema. 
Fantastico grandangolo da La Favorita, di Yorgos Lanthimos

Ho detto questo anche perché vorrei consigliarvi un film di fantascienza uscito una settimana fa e di cui purtroppo nessuno ha parlato! Si tratta di Captive State di Rupert Wyatt (L’alba del pianeta delle scimmie, The Gambler), un 
scifi interessantissimo, con un bel mix di distopia e di thriller al suo interno e con un bel ritmo narrativo. 
La trama ci parla di un futuro non troppo lontano, in cui la Terra è controllata da dieci anni da misteriosi alieni che tengono gli esseri umani sotto scacco: i dittatori raramente si fanno vedere, dettando legge dal sottosuolo e facendosi rispettare tramite le istituzioni e le forze dell’ordine che fanno il lavoro sporco; fra il popolo però serpeggia la rivolta che sta preparando il suo attacco.
La pellicola è decisamente atipica nel suo genere, in quanto gli alieni si vedono poco fisicamente ma sono molto presenti a livello psicologico ed emotivo: la regia e la scenografia, molto claustrofobiche, fredde e letteralmente con il fiato sul collo dei personaggi, delineano bene lo stato di prigionia in cui sono intrappolate le persone. La vicenda è corale, ricca di sfumature e viene svelata poco alla volta, ma grazie al ritmo adrenalinico e caustico mette curiosità allo spettatore e tenendolo incollato fino alla fine: sapere che cosa succederà è il tarlo che lo pungolerà per 109 minuti.

Spero riusciate o siate riusciti a vederlo al cinema, e con esso – o con quello che preferite, ma fatelo – spero possiate iniziare a capire che non tutto quello con cui veniamo bombardati è davvero meritevole e bello, non tutto quello che Hollywood promuove è vero cinema. Cercate sempre di andare oltre la cattività mentale in cui stanno cercando di rinchiuderci.