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La locandina della prima stagione.
Spacca eh? |
Ciao a tutti e benvenuti!
Con questa prima recensione vorrei in parte onorare una serie tv molto importante per me e Daniele, nonché una delle più grandi ispirazioni per la nostra serie web Livore.
No, non sto parlando di Breaking Bad, ma della sua versione Law & (Dis)Order Better Call Saul, in occasione della recente uscita della quarta stagione.
Chi conosce Breaking Bad infatti – do per scontato che l’abbiate vista o che la conosciate per cultura generale – sa che il suo geniale creatore Vince Gilligan, già produttore di X-Files, assieme a Peter Gould ha avuto la brillante intuizione di produrre uno spin-off sul personaggio di Saul Goodman in collaborazione con Netflix, potenza dell’on demand.
Il tono generale è diverso dalla serie originale, ma non quanto ci si potesse aspettare. Sicuramente c'è stato un netto miglioramento tecnico, a partire dalla fotografia usata in maniera più specifica, specie per definire l'ordine temporale degli eventi: noterete infatti che il presente viene narrato con una fotografia più calda e naturale mentre i flashback hanno una luce fredda e bluastra; menzione a parte per i flashforward, o anticipazioni, che sono presenti all'inizio di ogni stagione e vengono rappresentati in bianco e nero.
Anche le riprese risultano più pulite e omogenee grazie a un maggior utilizzo d'inquadrature fisse.
Come in Breaking Bad si dà risalto ai personaggi e alle storie personali, alle sfumature e all’evoluzione caratteriale, anche se spesso sarebbe più corretto definirla involuzione. L’action è meno presente in favore del genere legal, per il resto non mancano un pizzico di thriller, del buon drama e la dose consigliata, sebbene più dosata, di black humor.
Soprattutto è il mix ben calibrato fra storie già conosciute ma non approfondite, e sottotrame nuove e avvincenti ad aver subito catturato gli spettatori e contribuito a farle ricevere il plauso crescente della critica.
Come accennato sopra, l’intuizione dei produttori è stata brillante. Forse non ci avete fatto caso, ma a differenza di tutti gli altri personaggi di Breaking Bad ci siamo affezionati all’esilarante avvocato dei criminali pur non sapendo nulla, nada, zero del suo passato né del suo presente al di là del suo esercizio professionale. Quale più felice soluzione, quindi, se non quella di incentrare la nuova serie su questo personaggio così misterioso eppure già così amato?
Si riparte perciò da quello che Saul ci aveva anticipato alla fine della quinta stagione di Breaking Bad: nella scena di apertura in bianco e nero con in sottofondo Address Unknown degli Ink Spots – incredibile come in queste serie ci sia sempre la giusta colonna sonora per ogni situazione –, vediamo il nostro Saul in veste di “triste individuo dal basso profilo”. Sotto la falsa identità di Gene Takavic lavora, mesto e svogliato, per una catena di pasticcerie produttrice di cinnamon rolls – quei dolci americani di cui girano centinaia di tutorial sui social e che m’incuriosiscono da sempre –; l’unica gioia della giornata se la concede la sera sul divano, riguardando le sue vecchie pubblicità e ripensando ai bei tempi andati.
La serie torna poi al 2002, quando il buon Saul si faceva ancora chiamare James “Jimmy” McGill, per sbancare il lunario lavorava al tribunale di Albuquerque come avvocato d’ufficio e aveva lo studio dentro un centro estetico gestito da un’acida signora di origine vietnamita. Ancora non è dominato dal Lato Oscuro, ma scoprire quando e come avverrà il drastico cambiamento tiene sicuramente col fiato sospeso.
Ma non è solo la storia di Jimmy/Saul a trainare lo show: fanno egregiamente la loro parte alcuni carismatici personaggi già conosciuti in Breaking Bad, evitandoci lo spaesamento dato dalla totale novità, e le interessanti new entry che vanno a completare il gruppo.
Rivedremo quindi Mike Ehrmantraut, il tuttofare più cazzuto delle serie tv, la folle e spietata famiglia Salamanca, e il buon vecchio Gus Fring, sempre freddo e temibile come un serpente a sonagli.
Dall’altro lato vengono introdotti i nuovi personaggi, a cominciare dal team dello studio legale HHM (acronimo di Hamlin, Hamlin & McGill), di cui fanno parte Harold Hamlin, Kimberly Wexler e il fratello del protagonista, Charles McGill.
Harold Hamlin fin da subito risulta infido ed estremamente antipatico, specie per la sufficienza con cui tratta Jimmy; fino a che punto è veritiera quest’antipatia non posso svelarvelo, ma la sua faccia a schiaffi non lo rende in ogni caso un personaggio piacevole.
Kim Wexler rispecchia la versione riveduta e corretta del personaggio femminile di Breaking Bad: è una donna in carriera di spiccato intelletto che lotta per raggiungere i suoi obiettivi e che si prodiga per aiutare gli altri. Ma anche i più buoni potrebbero cadere in tentazione… insomma, stava per succedere persino a Gesù!
E poi abbiamo Charles “Chuck”McGill, avvocato con un passato di successi che ora preferisce starsene rintanato in casa, senza elettricità e con una coperta isotermica a portata di mano. Sarà un sostenitore della teoria sulle scie chimiche? Vi basta guardare la serie per scoprirlo.
Last but not least, fra i nuovi personaggi abbiamo anche un giovane scagnozzo dei Salamanca, Ignacio “Nacho” Varga, il classico duro con la faccia da buono. Avrà davvero scelto in quale scarpa mettere il piede?
Orbene, ho detto tutto, spero di avervi messo curiosità e di avervi invogliato a guardare Better Call Saul prima di subito!
Lunga vita a Vince Gilligan e alle sue idee, alla famiglia sempre più numerosa di personaggi che ha creato, e agli attori che danno loro vita.
Alla prossima!
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Da sx a dx: Peter Gould, Jonathan Banks (Mike), Bob Odenkirk (Saul), Vince Gilligan.
Spaccano eh?
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