La locandina della serie |
"La paura è la rinuncia alla logica, l'abbandono volontario di ogni schema razionale. O ci arrendiamo alla paura o la combattiamo."
Gli edifici infestati sono un topico narrativo di enorme successo letterario e cinematografico. L’esempio più eclatante è senza dubbio Shining, il famosissimo romanzo di Stephen King da cui è tratto il film cult di Stanley Kubrick.
Come ogni topos che si rispetti, ha un degno antenato: L’incubo di Hill House, di Shirley Jackson, datato 1959. Questo romanzo è stata la fonte d'ispirazione dell'omonima serie targata Netflix, appena uscita in Italia, che sta riscuotendo considerevole successo.
Il libro narra di un raffazzonato gruppo di aspiranti studiosi del paranormale che decide di passare l’estate a Hill House, villa nota per essere maledetta e inospitale, allo scopo di individuare e testimoniare eventuali manifestazioni soprannaturali.
Il punto di vista principale è quello di Eleanor “Nell” Vance, giovane donna disagiata e infelice che nell’infanzia sembra aver assistito a un fenomeno poltergeist. La ragazza, fra una spaventosa manifestazione e l’altra, si lascia sedurre dalla casa convincendosi di aver trovato il suo posto felice nel mondo. O forse è Nell stessa, suggestionata dalle dicerie su Hill House, a divenire preda di una psicosi autoindotta.
La copertina del romanzo, edito da Adephi |
La storia del romanzo, interessante nonostante risulti piuttosto grezza e non adeguatamente sviscerata – ve ne accorgerete leggendola, e io vi consiglio di farlo – è stata approfondita e migliorata da Mike Flanagan, regista indipendente che ha girato Oculus - il rilfesso del male, e diverse produzioni Netflix.
Nella serie i protagonisti sono i membri della famiglia Crain, già sopravvissuti una volta a Hill House e costretti ad affrontare nuovamente i loro traumi giovanili, a partire dalla morte della madre, mai del tutto chiarita, fino al rapporto conflittuale con un padre assente e dal carattere cupo e introverso.
E come potete vedere, non ne sono molto contenti |
A differenza del libro, che ha una protagonista e dei personaggi secondari definiti dalla sua prospettiva malata, la serie è corale e ognuno dei Crain è caratterizzato in maniera potente ed efficace. Olivia, Hugh e i loro cinque figli ci vengono presentati con tutte le loro manie, le loro ossessioni, le loro paure e le maschere scelte per nasconderle o per esorcizzarle senza successo. Almeno finché non decideranno di arrendersi o di affrontarle, ma questo lo scoprirete guardando lo show.
Dopo potreste ritrovarvi con quest'espressione stampata in viso :D |
Hill House è forte anche sul piano tecnico. Regia impeccabile e sempre focalizzata sull’obiettivo da raggiungere: che sia confondere, spaventare a morte o commuovere lo spettatore, ci riesce sempre benissimo. Merita una menzione speciale il sesto episodio, Due Temporali, girato con una serie di lunghi piani sequenza destabilizzanti e sublimi: provare per credere.
La fotografia è notevole e riesce a mescolare fantasia e realtà, sogno e veglia, paura e coraggio, privandoli di un confine vero e proprio e rendendoli reali e tangibili, grazie anche alla sceneggiatura solida e ben strutturata. Unica pecca è l’uso, a mio parere eccessivo, e la qualità della computer grafica, a volte troppo evidente.
Come nel libro, il vero protagonista è il dualismo fra la casa, responsabile delle paure più ataviche, e i soggetti particolarmente sensibili che sviluppano pericolose nevrosi in presenza di luoghi suggestivi. Sono io o è Hill House?, continuano a domandarsi i personaggi della serie, e noi, come loro, non lo capiremo fino alla fine. Perché si sa, ci sono paranoie così influenti da sembrare realtà, dalle quali possiamo scappare quanto vogliamo ma che ciclicamente tornano a farci visita, fino al giorno in cui non decideremo di dar loro vita o di sconfiggerle e sotterrarle in una fossa una volta per tutte.
Non dimenticate di cercare i "fantasmi nascosti". Vediamo se li scoverete tutti! :) |