Terry Gilliam, tra il sonno della realtà e l’ironia della tragedia
Non ce ne voglia il signor PrYce, è bellissimo questo poster! |
Poco più di un mese fa è uscito l’ultimo film di Terry Gilliam, L’Uomo che uccise Don Chisciotte, e da aspirante brava cinefila sono subito corsa al cinema. Conoscevo il famoso regista e avevo già visto alcuni suoi film quand’ero più piccola; stavolta però è riuscito a conquistarmi e a far sì che lo rivalutassi. Perché? Ora ve lo racconto.
Mi sembra doveroso partire dal meraviglioso passato di Terry Gilliam. Prima di essere un regista coi controfiocchi è stato membro del gruppo comico Monty Python, attivo fra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80 e famoso per aver prodotto film, show televisivi, canzoni e quant’altro con una comicità intelligente e surrealista. Sicuramente non tutto il loro materiale è ad oggi pienamente apprezzabile – ad esempio, secondo la mia opinione da miscredente Brian di Nazareth poteva essere molto più cattivo e meno legato ai classici sketch del gruppo – ma rimane sempre una piacevole compagnia.
Ma soprattutto è impossibile non adorarli |
Gilliam ha contribuito come attore occasionale, regista e animatore. Ecco, io spero abbiate visto la sigla e gli intermezzi del Monty Python’s Flying Circus o i titoli di testa dei film del gruppo, e se non lo avete ancora fatto spero stiate rimediando in questo preciso momento, perché sono fra le animazioni più belle che abbia mai visto.
Negli anni ’90 il caro Terry, tra gli altri, ha sfornato un paio di cult, di quelli che appena li sentirete nominare esclamerete subito Ah, ma è di Gilliam?: L’esercito delle dodici scimmie e il celeberrimo Paura e Delirio a Las Vegas. Insomma, più rinomati di così non si può.
:( |
Già l'ambientazione in un moderno circo itinerante è di per sé geniale! |
Ma è giunto il momento di fare un salto di quasi dieci anni e di parlarvi del film che ha finalmente visto la luce: L’Uomo che uccise Don Chisciotte. Il protagonista del film, Toby Grosini, affermato giovane regista di pubblicità, si trova in Spagna per girare uno spot basato su Don Chisciotte; preda della crisi artistica e della nostalgia del suo primo film, basato anch’esso sul romanzo di Cervantes e girato non lontano dall’attuale set, decide di andare a trovare il passato finendo per rimanerne invischiato.
Verso la "pazzia", miei prodi! |
Qualcuno ha detto che questo film rappresenta Gilliam allo stato puro, io non posso che dargli ragione: la sua cifra stilistica brilla in tutta la sua fierezza. Il graduale passaggio dalla realtà all’immaginazione è accompagnato da inquadrature sempre più sbilenche e da grandangoli sempre più numerosi; i colori da neutri e basici divengono più vivaci col crescere dell’allucinazione fino al raggiungimento del climax, al termine del quale la situazione torna alla normalità. Sarà davvero così?
Ricordate sempre: la sanità è relativa |
Nessun commento:
Posta un commento