lunedì 24 dicembre 2018

Mad Mini Reviews: Una Poltrona per Due

Ovvero cosa può ancora insegnarci una commedia natalizia





Anche quest’anno avremo occasione di vedere Una Poltrona per Due in tv, grande classico tra i film natalizi la cui trama ha veramente poco a che fare col Natale ma rimane sempre attualissima e piena d’insegnamenti su cui riflettere – sì, anche se sotto le feste si mangia e si beve e l’ultima cosa che si ha voglia di fare è pensare alle cose serie. 


La storia la sappiamo più o meno tutti: due magnati della borsa di Philadelphia, i fratelli Duke, assistono a un apparente tentativo di rapina di un senzatetto afroamericano ai danni del giovane e facoltoso direttore della loro filiale. Fanno quindi una scommessa e scambiano di ruolo i due uomini per scoprire quanto l’ambiente sociale può influire sulla natura umana, dando il via alle gag e ai colpi di scena che conosciamo fino all’iconico finale ambientato a Wall Street.  

La pellicola è uscita nel 1983 ed è diretta da John Landis, conosciuto per aver diretto diversi cult della cinematografia moderna, fra cui spiccano Animal House (1978) e The Blues Brothers (1980). Nei suoi film, grazie a una satira sovversiva e dissacrante, ha sempre preso di mira autorità, istituzioni e ideologie quasi intoccabili: dalle confraternite universitarie alla polizia, un po’ tutti hanno preso una bacchettata sulle nocche, il tutto condito con grasse risate e gag geniali. 
In Una Poltrona per Due ha puntato il dito ancora più a fondo e più in alto: al capitalismo e alla finanza. 


Prima di tutto Landis sgancia qualche colpo ben assestato ai ricchi, rappresentandoli tutti come privi d’intelligenza emotiva – e particolarmente sgradevoli nei confronti dei sottoposti e dei meno abbienti – viziati ed estremamente taccagni: tutto è per loro talmente dovuto che ogni cosa ha perso valore. Solo il denaro fa eccezione, vera e propria fissazione dei i due fratelli.
In secondo luogo si scaglia contro i magnati e i broker finanziari, colpevoli in primo luogo di giocare con i soldi, e in un certo senso con la vita delle persone a loro piacimento, senza alcun tipo di remore o scrupoli. 


Insieme a tutto ciò, grazie allo scambio di ruoli sono loro stessi a mostrarsi come privi di particolari qualità e facilmente sostituibili nel loro mestiere: un barbone di colore – anche in questo film il razzismo insito nella società americana viene sbandierato senza tante cerimonie – sebbene non abbia l’esperienza di un vero broker, riesce comunque a fare questo tipo di lavoro con altrettanta facilità e persino meglio di loro. Non dimentichiamoci inoltre che i fratelli Duke tentano il colpo grosso illegalmente, pagando un sicario che gli procuri dati su prodotti alimentari prima di un’importante compravendita a Wall Street... insomma, come darsi la zappa sui piedi! 

L’ultima perla, forse il tocco bittersweet di tutto il film, è il motivo per cui i due ricchi signori decidono di mettere in atto la loro scommessa: Randolph, il più anziano, è convinto della teoria tutta Positivista secondo cui è l’ambiente in cui cresce e vive una persona a plasmarla maggiormente. Di questo ne abbiamo prova tutti i giorni: chi di noi non conosce persone di buon cuore senza particolari titoli di studio, e persone che nonostante lauree e varie esperienze lavorative sono miserevoli? Possiamo dire quel che si vuole, il Fattore C, inteso come Caso ovviamente, ha un ruolo determinante nella vita di ognuno di noi.

Al di là di tutte queste riflessioni, ricordatevi anche che l’ironia è la forma più alta dell’intelligenza umana: stasera, prima di tutto, non scordatevi di ridere, sul film e sulle vostre (dis)grazie.
Cin cin e tanti auguri!

E non mangiate il salmone come Winthorpe!


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