lunedì 13 luglio 2015

LIVORNO ACOUSTICS - Alessio Santacroce

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
L'intervista di oggi ha una valenza particolare, perché il nostro protagonista è un cantautore che conosce benissimo la scena musicale livornese, grazie alla lunga esperienza e alla rubrica "Demo & Dischi" che ha tenuto per anni sul Tirreno, ascoltando e recensendo centinaia di dischi di artisti livornesi. Alessio Santacroce ha registrato con la sua band storica, La Quarta Via (attiva dal 1994), la sua "Pareti Chiuse" all'interno di uno di quei luoghi che tutti i livornesi vedono tutti i giorni ma che nessuno conosce davvero e pochissimi hanno mai visto all'interno, il Cisternino di città (Casa della Cultura).





N.B. Prima di cominciare, ti avvisiamo che ogni intervista di Livorno Acoustics è suddivisa in due parti. La metà che leggerai qui di seguito approfondisce il processo creativo del cantautorementre l'altra metà che potrai leggere su Occhio Livorno è incentrata sugli aspetti legati al suo rapporto con le istituzioni e con la professione di artista 



1. Cosa significa per te essere un creativo?

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
Significa creare quello che non esiste. Nella mia carriera ho scritto moltissime canzoni, realizzato quattro romanzi, dipinto molto, e ho fondato una rubrica musicale sul Tirreno e i Livorno Music Awards con Dario Serpan. Sono state tutte esperienze fondamentali che fanno parte di me e che certamente mi hanno aiutato a crescere. Credo sia una vera e propria esigenza per sentirmi vivo.

2. Cosa ti ha spinto a scrivere canzoni di tuo pugno, piuttosto che interpretare canzoni di altri artisti?
Nella mia ventennale carriera musicale ho suonato solo una cover, quando con La Quarta via aprimmo il Meeting dell’etichette indipendenti di Faenza nel 2003. Era appena scomparso Pierangelo Bertoli e ci chiesero di fare un omaggio alla sua memoria. Per il resto sono talmente legato alle mie canzoni che non sento l’esigenza di fare quelle degli altri. E poi amo sentire gli autori originali. Ritengo le tribute band la tomba della musica.

3. Qual'è il tuo approccio alla composizione musicale?
Io scrivo solo per ispirazione e per questo alcune mie canzoni sono veramente parte della mia vita. Per fortuna non lo faccio come lavoro e quindi non devo mentire per vendere un disco. Ci sono periodi che scrivo canzoni in continuazione ed altri che non mi viene veramente nulla. Ho sperimentato molto, specialmente nel primo disco, sono affascinato dalla fusione dei generi musicali e delle sonorità.

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
4. Qual'è invece il tuo metodo per la scrittura dei testi?
Sul principio nasceva prima la musica e poi il testo, con la maturazione le cose sono cambiate e solitamente scrivo brani su argomenti che mi coinvolgono da vicino e dopo ci trovo una musica adatta. Parlo spesso delle ingiustizie, di fatti di cronaca, di fanatismo religioso e di dubbi che minano le miei sicurezze. Alcune canzoni sono vere e proprie domande che mi pongo senza trovare risposte.

5. Qual'è la tua canzone di cui sei più soddisfatto? Ce la racconti?
E’ una domanda difficile, è come chiedere a un padre il nome del figlio prediletto. Forse potrei dirti “Il non senso”. Il testo è ispirato a una bellissima serata che trascorsi con Simona Torretta, una delle due operatrici umanitarie rapite in Iraq. Lei mi aprì letteralmente gli occhi su quello che stava accadendo in quelle terre martoriate. Il testo parla di Ibrahim, un bambino rimasto cieco per l’esplosione di una mina antiuomo fabbricata nella nostra bella Italia. La frase inziale recita: “Ibrahim non ha più gli occhi e vede con le mani”…. suonarla dal vivo mi emoziona sempre molto. Anche “Pareti chiuse” (il brano che abbiamo scelto per Livorno Acoustics) è uno di quelli che preferisco. Racconta di una ragazzo arrivato nel nostro paese con un barcone, un ragazzo laureato e rimasto orfano, costretto a scappare da una guerra civile in un paese depredato dai nostri governanti. Da una cella del carcere chiede soltanto di essere accettato come essere umano.

6. Com'è suonare in una band?
In questo momento sto suonando in tre band molto differenti: La Quarta via che è la mia famiglia e la mia storia, i Cayenna con i quali sto realizzando un disco che mi piace un sacco, e gli Holy Hand Granade, il mio sfogo metal. Forse per il fatto che sono l’autore, gli altri mi lasciano sempre il ruolo del leader, ma amo particolarmente il confronto con gli altri musicisti e i suggerimenti di chi riesce ad arricchire un mio brano. Io poi spesso non sono obiettivo.

7. Come avviene il processo di arrangiamento di un brano?
Mi lascio guidare molto dall’istinto in fase di composizione, ma solitamente il brano dal vivo è identico a quello registrato. Per improvvisare si deve essere ottimi musicisti e io non lo sono affatto.

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
8. Quanto peso dai a fattori come il nome della band e la sua immagine?
Gestendo una rubrica musicale spesso mi trovo a giudicare questi aspetti. Per un gruppo emergente credo che conti molto come ti presenti e come offri la tua musica al pubblico. Un brano registrato male non si ascolta mai volentieri, neppure se è il più bello del mondo. Anche il nome è importante, dove rimanere in testa, avere un significato profondo.

9. Come affronti le esibizioni live?
Io parlo molto sul palco, forse anche troppo, ma credo sia necessario spiegare le mie canzoni che alcune volte non sono così immediate. Quando con La Quarta Via facciamo “Maria la belva” è necessario che spieghi di cosa parla e il fatto di cronaca che l’ha ispirata, altrimenti potrebbe sembrare un pezzo blasfemo e anticlericale. Alcune volte utilizziamo proiezioni di documentari, specialmente nelle serate benefit.

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
10. Fai un bilancio della tua attività di musicista fino a questo momento.
Alla soglia dei 44 anni credo di aver fatto tutto quello che desideravo: dischi, video, concerti su palchi importanti, ma alla fine conta tutto relativamente. Per me scrivere è un'esigenza, quando capisci che non diventerai mai famoso tutto diventa più semplice perché lo fai solo per ispirazione vera. Un ricordo divertente è quello del tour 2003. Nella stessa settimana abbiamo suonato in un camping di Torre del Lago completamente vuoto e in uno stadio in Molise strapieno (ovviamente non per noi). E’ il bello della musica indipendente, non sai mai cosa aspettarti.
Il mio prossimo obiettivo è quello di creare un superblog con web tv dove le band toscane possono suonare dal vivo. Spero di avere anche il supporto di Livorno Acoustics!










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