martedì 30 giugno 2015

LIVORNO ACOUSTICS - Carlo Bosco (Jackf)

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
In questa intervista conosciamo meglio Carlo Bosco e il suo progetto Jackf. Già autore di musiche per teatro (il nome del progetto riprende il nome del protagonista dello spettacolo teatrale "Radio Alcatraz", Jack Folla, a cui ha lavorato), cinema e altre collaborazioni musicali, intraprende nel 2000 questo nuovo progetto in cui sperimenta nuove sonorità, una nuova identità musicale, ambient ed elettronica. Nel video ci presenta una sua canzone tratta dal suo ultimo disco “Twice Zero One Hundred Zero”, in versione acustica, sullo sfondo della Torre del Marzocco, uno degli edifici più antichi della città, attualmente circondato dal porto industriale e non accessibile al pubblico.




N.B. Prima di cominciare, ti avvisiamo che ogni intervista di Livorno Acoustics è suddivisa in due parti. La metà che leggerai qui di seguito approfondisce il processo creativo del cantautorementre l'altra metà che potrai leggere su Occhio Livorno è incentrata sugli aspetti legati al suo rapporto con le istituzioni e con la professione di artista 


Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
1. Cosa significa per te essere un creativo?
Creatività è ispirazione, creatività è il contrario di meccanicità. Creatività è istinto.

2. Cosa ti ha spinto a scrivere canzoni di tuo pugno, piuttosto che interpretare canzoni di altri artisti? 
Ho sempre avuto la vena compositiva fin da bambino, scrivevo musiche e canzoni già a otto anni poi essendo figlio di teatranti mi dilettavo a commentare musicalmente gli spettacoli, da lì la passione per la composizione, gli studi a firenze e la collaborazione con tante realtà.

3. Qual'è il tuo approccio alla composizione musicale? 
Parlo col sorriso ma la maggior parte delle volte che scrivo musica è perchè ho vissuto delle forti emozioni. Il mio primo album “Twice Zero One Hundred Zero” non esisterebbe se non avessi vissuto le pene dell'inferno per una delusione d'amore. Adesso ci scherzo anche con la persona in questione ma queste tracce non sarebbero mai nate senza questa esperienza di vita. Mi piace sperimentare più che improvvisare e negli ultimi anni mi sono divertito a “giocare” con le macchine e fare esperimenti, alcuni di questi, a detta del pubblico, riuscitissimi.

Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
4. Qual'è invece il tuo metodo per la scrittura dei testi? 
Raramente scrivo testi anche perchè la musica viene prima di tutto. Solitamente scrivo liriche in inglese perchè la trovo una lingua più fluida e musicale. Quelle poche cose che ho scritto in italiano mi sono venute bene anche perchè sono state il risultato di alcune belle vittorie.
Dovrei ricominciare a scrivere in italiano, magari un progetto tutto mio.




5. Qual è la tua canzone di cui sei più soddisfatto? Ce la racconti? 
Credo che “Coelacanth” (Clicca qui per ascoltarla) sia l'apice della mia produzione, è un brano a cui tengo particolarmente. Nacque una notte di gennaio di tre anni fa dopo aver visto “1997 – Fuga da New York”. Non so se fu quella pellicola a darmi l'ispirazione o il mio stato d'animo di quel periodo, fatto sta che in due ore tirai fuori questo che io chiamo un piccolo gioiello. Il celacanto è un pesce che si pensava fosse estinto sin dal createceo fino a quando un esemplare venne pescato nel 1938 in sudafrica, il brano è dedicato a una persona che avevo perso di vista e che poi ho ritrovato dopo tantissimi anni.
Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"

6. Com'è suonare in una band? 
Era il mio sogno fin da bambino, diciamo che negli anni ho avuto parecchie esperienze di gruppo. Suonare da solo è una cosa diversa a tratti anche più emozionante. Secondo me in una band non si parla di democrazia ma di amicizia e voglia di lavorare, se non ci sono queste due cose allora è meglio smettere quanto prima.

7. Come avviene il processo di arrangiamento di un brano? 
I miei primi esperimenti di arrangiamento erano guidati dall'ascolto di altri esempi, poi con gli anni mi sono creato un mio mondo. Ascolto ogni tipo di musica, sono un malato di pop radiofonico, sono una spugna in questo senso e mi sono fatto un bagaglio di musica sempre in divenire per non risultare banale. Fare l'arrangiatore è la cosa più bella del mondo. Per quanto mi riguarda il lavoro dal vivo e in studio non vanno di pari passo.

8. Quanto peso dai a fattori come il nome della band e la sua immagine? 
Il progetto Jackf è nato tra le mura di casa mia, ad oggi è un progetto solista sebbene mi sia contornato di artisti locali per completarlo.
Foto Ass. fotografica "Il Salmastro"
Ad oggi le decisioni per quanto riguarda l'aspetto musicale sono tutte mie (arrangiamenti, suoni, eccetera). Devo molto a due amici e colleghi: Marco Baracchino che ha missato e fatto il mastering e a Raffaele Commone che sulla base di alcune mie idee ha concepito le grafiche del booklet.

9. Come affronti le esibizioni live? 
I live di Jackf vogliono essere uno spettacolo visivo e sonoro. Quando presentai il disco feci sedere in un teatro tutte le persone a me più care e proiettai una sorta di mediometraggio commentato dalle tracce del disco, anche quello per me è fare musica dal vivo. Fu una serata davvero emozionante.

10.  Fai un bilancio della tua attività di musicista fino a questo momento. 
E' da quando sono bambino che sognavo di fare un disco tutto mio e l'ho fatto, c'è voluto tempo e soprattutto tante esperienze di vita che hanno contribuito a renderlo tale. Se mi mettessi a raccontare gli aneddoti della mia carriera musicale non mi fermerei più.













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