lunedì 16 marzo 2015

LIVORNO ACOUSTICS - Giorgio Mannucci (Mandrake)

Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
Come ogni lunedi, Livorno Acoustics vi fa conoscere uno dei tanti cantautori livornesi ed oggi è il turno di Giorgio Mannucci (alias Mandrake) e il suo pop/folk genuino e raffinato. Da poco è uscito il suo ultimo disco "Dancing with Viga" e Giorgio ci ha cantato proprio una delle canzoni di questo album, "Tales of a wizard" in uno dei luoghi più belli e nascosti di Livorno, ovvero il Mausoleo di Costanzo Ciano a Montenero.








N.B. Prima di cominciare, ti avvisiamo che ogni intervista di Livorno Acoustics è suddivisa in due parti. La metà che leggerai qui di seguito è incentrata sul processo creativo del cantautore, mentre l'altra metà che potrai leggere su Occhio Livorno approfondisce  gli aspetti legati al suo rapporto con le istituzioni e con la professione di artista.


1. Cosa significa per te essere un creativo? 
Essere creativi significa non stare mai fermi, sentire la necessità di sputare fuori quello che si ha dentro in ogni momento. Non c'è un'ora esatta in cui la creatività si manifesta. Bisogna saperla riconoscere e poi darle un microfono. Tutto può nascere da nervosismi, felicitazioni, depressione. Si ha il bisogno di  trasformare tutti questi sentimenti in arte.

2. Cosa ti ha spinto a scrivere canzoni di tuo pugno, piuttosto che interpretare canzoni di altri artisti? 
E' stato tutto molto spontaneo. Da adolescente sentivo la necessità di scrivere cosa mi passava per la testa e cosa vedevo. Ispirato un po' anche dai grandi scrittori e poeti italiani che studiavamo alle scuole superiori e, motivato da una cara professoressa che dedicava parte del suo tempo nel leggere e commentare cosa scrivevo, sentivo di voler dire la mia.
Durante le lezioni di fisica o matematica al liceo, anziché pensare a risolvere problemi utilizzando le equazioni o i diagrammi del Signor Ven, ero solito riempire il diario scolastico con frasi istantanee, pensieri e impressioni.
Con la mia prima band, gli Unità 3 (quelli che poi sarebbero diventati gli Walrus), all'età di 16/17 anni, ci siamo da subito impegnati a fare le cover dei nostri gruppi preferiti, e nello stesso tempo, ci improvvisavamo scrittori e compositori, inventando brani nostri.
Poco dopo la passione per le cover è venuta molto meno e si è accentuato sempre di più l'interesse nel mettersi alla prova e scrivere cose personali.

Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
3. Qual'è il tuo approccio alla composizione musicale? 
Per la composizione musicale non ho un vero e proprio metodo. Ci sono alcuni tipi di accordi a cui spesso faccio visita, poiché li sento nelle mie corde e che quindi potreste risentire in diverse canzoni. Può nascere prima una melodia con la voce, una cantilena che hai in testa che devi esser bravo a renderle il giusto accompagnamento musicale oppure può accadere tutto il contrario.
Di base seguo la struttura canzone classica della musica pop composta da strofa-ritornello-strofa-ritornello-ponte-ritornello ma non per forza tutte le canzoni devono essere così.

4. Qual'è invece il tuo metodo per la scrittura dei testi? 
Lasciarsi dalla propria ragazza. Litigare pesantemente con un amico. Ubriacarsi alla sera per sentirsi il giorno dopo una nullità. Sono alcune tra le esperienze più adatte e fantastiche per raggiungere la giusta ispirazione per scrivere dei testi. La felicità, il benessere, la rilassatezza, mi aiutano sporadicamente. E questo vale sia per la parte lirica che per quella musicale.
Involontariamente diciamo che la mia natura malinconica viene spesso fuori in ciò che scrivo.
Nel prossimo disco Mandrake, ci sarà una canzone a cui tengo molto, "San Francisco", che parla di un viaggio fatto con un paio di amici nella città californiana due anni fa e delle impressioni e sensazioni che questa mi ha donato. Ecco, in questa canzone, con le parole e la musica, tento di far emergere il lato romantico, malinconico e libero di questa splendida città.

5. Qual'è la tua canzone di cui sei più soddisfatto? Ce la racconti? 
Sicuramente "Mom & Dad" (contenuto nel disco appena uscito "Dancing with Viga", ndr). E' una delle canzoni che più mi hanno soddisfatto in tutte le sue parti, in primis per quel che riguarda il testo (è quello di cui vado più orgoglioso).
Tratta un'importante e dolorosissima parte della mia vita.
Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
Dovete sapere che alla fine del 2011, dopo aver lottato per più di un anno contro una malattia vigliacca, ho perso mio padre. Durante questo periodo travagliato, io e tutta la mia famiglia eravamo lì, a sorreggerlo e a sostenere questo terribile e, talvolta, surreale momento.
Dopo la sua scomparsa, sono stato per un mese alla ricerca delle parole e delle note giuste per descrivere ciò che avevo vissuto in un anno di vita e cosa questo periodo avesse generato.
Lo dovevo fare, la sentivo come una sfida che non potevo perdere.
Dunque mi rinchiudevo nella mia stanza, mi mettevo alla chitarra e timidamente si manifestavano delle note, delle parole.
Dopo qualche giorno avevo ben chiara la musica, gli accordi erano venuti fuori e la melodia pure.
Ciò che mancava era il testo. Un giorno, così, ho cominciato a fissare nella mia testa una scena che qualche volta mi era capitato di vivere veramente in quel terribile anno: come tutti i giorni mi recavo a far visita a babbo nell'ospedale di Livorno. Arrivavo, parcheggiavo la bici, entravo dall'entrata principale di viale Alfieri, facevo un gran bel sospirone mentre accedevo al primo padiglione, accennavo un sorriso alla donna delle pulizie di turno che puntualmente con aria dolce mi sorrideva. Salivo le scale, indossavo la mia "armatura da difesa" e alla fine entravo nella stanza dove era ricoverato. Giunto sul ciglio della porta, il mio corpo improvvisamente si arrestava, agghiacciato, impietrito dinnanzi alla scena profonda e struggente che mi si mostrava davanti: i miei genitori avvolti tra i loro corpi, immobili, abbracciati forse come mai erano stati in tutti i loro anni passati insieme. La mia armatura si sgretolava.
Ho fissato quell'immagine - così come si fissano nella mente certe foto di quando siamo piccoli - e da lì sono venute fuori tutte le parole.
Non vi nego la difficoltà enorme che ho avuto all'inizio di cantare tutte quelle immagini che di getto scrivevo. Immagini che raccontavano del troppo tempo passato dentro un'ospedale, del senso di smarrimento che si prova di fronte a tanto lento declino, dei miei tentativi vani di annullare la realtà. E poi ci sono loro: Mom & Dad, che con il loro abbraccio, mi raccontano tutta una vita passata insieme. E insieme a me.
Ho cercato di rendere grazia a un momento così tragico, ho cercato di trovare qualcosa che tenesse in vita anche ciò che non lo era più.
Spero di esserci riuscito e spero che voi apprezzerete la musica come il testo di questa canzone, tanto da sentirvi partecipi di questa mia esperienza, che purtroppo, seppur personale, è una cosa che ci riguarda tutti.

6. Com'è suonare in una band? 
Non è facile.
Quando eravamo più piccoli era facilissimo trovarci 2 o 3 volte alla settimana per suonare fino a quando volevamo. Invecchiando i tempi si restringono, si diventa grandi e iniziamo a lavorare, chi in campo musicale, chi in tutt'altro. Soltanto organizzare un giorno di prove e coinvolgere nello stesso momento diversi membri della band, diventa una discreta impresa. Tuttavia non è cosa impossibile.

7. Come avviene il processo di arrangiamento di un brano? 
Per quel che mi riguarda, il più delle volte, registro degli spunti immediatamente sul cellulare, poi quando ho raggiunto un'idea base (che può essere composta da chitarra e voce o piano e voce per esempio), la registro sul computer. Quando sono piuttosto convinto della base, con una tastiera midi cerco di arrangiare inserendo le linee melodiche di strumenti che più credo si adattino alla canzone. L'arrangiamento è un procedimento lungo e molto interessante. Prima non davo peso a questa cosa, ma verso i 23/24 anni ne ho iniziato a cogliere la fondamentale importanza: cori, soluzioni armoniche con strumenti di natura classica, riff di chitarra particolari, tappeti di organi…
Quando sei in studio a registrare, o a fare la pre-produzione, valuti insieme alla band, se è il caso o meno di tagliare ed eliminare alcuni parti in più per snellire e semplificare la canzone, valuti se è il caso di inserire nuovi strumenti, sistemare e modellare certi interventi musicali ecc ecc..
Con i Mandrake, mi cimento spesso da solo ad arrangiare. Per quel che riguarda le sessioni d'archi, a volte è accaduto che abbia scritto delle parti in casa, per poi confrontarle con Asita (violino) e Stella (contrabbasso) per l'esecuzione.

Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
8. Quanto peso dai a fattori come il nome della band e la sua immagine (vestiti, atteggiamento sul palco, logo...)? 

Il nome della band e la sua immagine sono cose certamente importanti. Mandrake credo sia un nome interessante, che possa essere ricordato facilmente. Mi piace come suona, mi piace il fatto che sia legato ad un mago, mi piace il fatto che finisca con "Drake" come Nick Drake. Il nome è nato perché io e il vecchio batterista della banda (Dario Gentili) siamo due grandi fan di Fellini e Mastroianni. Ai tempi giravano voci, che i due avrebbero dovuto realizzare un film sul famoso mago dei fumetti "Mandrake" e Mastroianni avrebbe dovuto interpretare la parte del protagonista. Per rendere omaggio a questi due miti del cinema italiano abbiamo preso questo nome.

9. Come affronti le esibizioni live? 
Solitamente prima di una tournée o di una serie di date, la band cerca di trovarsi frequentemente e provare minuziosamente lo show, che solitamente si aggira intorno a una durata di 1 ora.
Non mi piacciono i concerti freddi. Quando vado a vedere un gruppo, voglio che il leader della band mi parli. Voglio che tenti di far capire al pubblico, che non è lì solo per i soldi o per dimostrare a tutti quanto è figo, piuttosto, voglio che ci faccia capire quanto ami ciò che fa e quanto ami il fatto di esser lì in quel momento. Ecco, io provo tutte le volte, a instaurare questo tipo di comunicazione col pubblico.

10.  Fai un bilancio della tua attività di musicista fino a questo momento. 
Sono sempre all'inizio. Non ho raggiunto proprio un bel niente. Qualche soddisfazione me la sono tolta e ho fatto delle bellissime esperienze (alcune indimenticabili: sia con gli Walrus, i Mandrake che con i Sinfonico Honolulu) ma è sempre poco rispetto a ciò che aspiro. Difficile accontentarsi in questo campo, specialmente se si hanno degli obiettivi e se si ha la fortuna di lavorare con dei professionisti e con musicisti talentuosi. Mi sto impegnando per aggiungere altre esperienze ancor più indimenticabili e raggiungere un pubblico il più vasto possibile.
Spero che il prossimo disco Mandrake abbia un'ottima cassa di risonanza e che piaccia a tanti. Noi ci crediamo molto e siamo felicissimi del risultato. Oltre a questo c'è un altro progetto che sto prendendo seriamente a cuore in questo periodo (settembre 2014), di cui spero se ne potrà parlare al più presto.













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