lunedì 23 marzo 2015

LIVORNO ACOUSTICS - Lorenzo Iuracà

Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
Oggi abbiamo intervistato Lorenzo Iuracà, giovane cantautore livornese che probabilmente vi ricorderete per la sua partecipazione a X-Factor 2013. Il suo pop venato di funk e la sua presenza scenica ne fanno uno dei cantautori livornesi più promettenti della nostra città, sotto tutti gli aspetti. Con lui e la sua band, gli Approssimativi, abbiamo visitato il Cisternone, un luogo di Livorno che tutti conoscono da fuori ma il cui interno purtroppo non è valorizzato a dovere (soprattutto per motivi igienici, dato che è la cisterna d'acqua della città).




N.B. Prima di cominciare, ti avvisiamo che ogni intervista di Livorno Acoustics è suddivisa in due parti. La metà che leggerai qui di seguito è incentrata sul processo creativo del cantautore, mentre l'altra metà che potrai leggere su Occhio Livorno approfondisce  gli aspetti legati al suo rapporto con le istituzioni e con la professione di artista.



Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
1. Cosa significa per te essere un creativo?
Einstein diceva "la Creatività nasce dall'angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura". Per me la Creatività sta alla base di tutto. Non intendo solo musicalmente, intendo nella vita. Un creativo è un creativo in ogni situazione che affronta, senza mai lasciarsi abbattere da niente...perché il creativo trova sempre la soluzione. Ricordo quando ero bambino e vedevo in tv MacGyver, trovava sempre la soluzione più assurda...e riusciva anche a farla essere quella giusta.
Essere Creativi significa essere sognatori, riuscire a trasformare in materiale concreto l'immaginato con i mezzi disponibili...e se manca qualcosa??? sicuramente la Creatività ti spingerà a cercare un valido rimedio alternativo.

2. Cosa ti ha spinto a scrivere canzoni di tuo pugno, piuttosto che interpretare canzoni di altri artisti?
La mia passione per la musica nasce dietro a una batteria e ho sempre cercato di creare gruppetti, il primo a cui diedi vita si chiamava ''Kamaloca'' avevo circa 11 anni e ricordo che suonavamo canzoni dei Red hot chili peppers. Facemmo una serata, ma fu un fiasco totale e gli altri si scoraggiarono. Il gruppo finì là, ma ne seguirono altri sempre creati da me, tra cui i Magic Mushroom, dove viene fuori la mia vena compositrice.
Mi sono sempre considerato un tipo creativo, soffrivo a stare alla batteria a suonare canzoni inventate da altri. Una sera, colto dall'ispirazione di una ragazza, la mia attuale ragazza, mi sedetti sul divano e iniziai a scrivere la mia prima canzone...si chiamava ''Sogno Menzogno''.
Non so perché ho scritto quella canzone, non sapevo neanche come si facesse...ho sempre ascoltato la musica nelle canzoni e fino a quel tempo non avevo mai dato attenzione alle strutture dei testi....avevo 14 anni.
Come quando compri un pacchetto di caramelle...parti con la prima e non ti fermi più, così ho iniziato a scrivere,scrivere,scrivere e ancora scrivere...senza sapere che stavo scoprendo me stesso, senza sapere che stavo facendo la cosa giusta.

3. Qual'è il tuo approccio alla composizione musicale?
Con il tempo ho capito alcune cose...ho appreso che da ogni canzone si può imparare qualcosa di nuovo per poi sfruttarlo a proprio piacere.
Non ho una regola. Penso che neanche esista e, se esistesse, penso che sarebbe solo limitante.
In ogni caso, posso partire da due accordi sul pianoforte oppure da un'arpeggio con la chitarra, può capitare anche che tutto parta semplicemente da una ritmica, magari un po’ particolare. Oppure, classico dei classici, dalla melodia, costruendo successivamente sotto una base armonica.
All'inizio del mio percorso scrivevo cose molto semplici, tendenti al rock, ma sempre con un gusto un po’ blues e pop sullo stile della musica italiana. Successivamente ho iniziato ad ampliare il mio bagaglio di conoscenza musicale e mi sono affezionato al funk.
Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
Attualmente ho un'Associazione dove offro un servizio chiamato ''Inediti per interpreti'' dove scrivo canzoni per chi è solo cantante o non ha la possibilità e le conoscenze per poterlo fare indipendentemente. In questo modo ho ampliato ancora di più, perché devo soddisfare le richieste di tutti e quindi approfondire ogni genere per ogni singolo lavoro.
Ammetto che non è una cosa affatto facile, però alla fine di ogni lavoro mi sento arricchito.
Rispetto a quando ho cominciato a scrivere do molta più importanza alla qualità dell'insieme degli strumenti, ai suoni, e a tutti i più minimi dettagli.
Amo l'improvvisazione in sala prove, ci aiuta a trovare nuove idee. Però quando si è live penso che l'improvvisazione debba sempre essere ben calcolata, altrimenti si rischia di rovinare tutto il lavoro fatto prima. Diciamo che, per fare un paragone, potrebbe essere come fare una carbonara con il prosciutto anziché con il guanciale. La sperimentazione è, come la creatività, alla base di tutto. Permette di ampliare gli orizzonti e di avere una visione più completa, ma penso che sia così in tutto e non solo nella musica.

4. Qual'è invece il tuo metodo per la scrittura dei testi?
Vidi un documentario in Tv sulla vita di David Bowie. Raccontava che per due testi ha usato un metodo di cui non ricordo il nome...in pratica prendeva delle frasi intere, le scriveva su un foglio, poi le spezzettava in singole parole e le rimetteva insieme in ordine casuale.
Ripeto, io non ho una regola. A volte la musica ti può aiutare ad avere un tema di cui parlare, ma accade anche l'inverso, ovvero si può scrivere una musica basandosi su quello che dicono le parole.
Parlo spesso di cose che vivo, di esperienze, formulo riflessioni sotto forma di testo, cerco di comunicare il mio bisogno di vivere la musica. Nelle canzoni comunico con me stesso, mi faccio delle domande, mi do delle risposte, magari anche ironicamente. Comunque tratto temi di ogni genere, dai problemi sociali a quelli personali.
La prima attenzione l'ho sempre avuta per la musica, ma nelle canzoni italiane al secondo ascolto ho sempre captato il testo. Di quelle inglesi ho approfondito solo quelle che ritenevo musicalmente valide a mio gusto.
Mi affeziono subito alle mie creazioni, è difficile che modifichi cose nel corso del tempo. Se accade è perché la modifica è veramente valida, oppure sotto consiglio di pareri di amici e parenti.

5. Qual'è la tua canzone di cui sei più soddisfatto? Ce la racconti?
Per restare in tema una delle canzoni di cui vado più orgoglioso si chiama proprio ''Creatività''. Niente di particolare, un brano disco dance anni '70, di quelli che anche se il genere non ti piace, quando lo ascolti non puoi fare a meno di muovere la testa stile piccione che cammina.
Il testo invita l'ascoltatore a fare uso della propria creatività. Molte persone purtroppo si fanno limitare da ciò che non hanno, ma se pensassero a quello che hanno e come poterlo sfruttare magari potrebbero essere anche più felici e soddisfatte.
La cosa che mi rende orgoglioso di questa canzone è che quando la suoniamo Live la gente inizia a saltare e a ballare e penso che potremmo suonarla anche per mezz'ora senza che il pubblico ci dica di smettere.
Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro

6. Com'è suonare in una band?
Per chi suona non c'è niente di più bello che suonare in una band. Ma comporta molte difficoltà.
Gestire più teste è sempre difficile, un po’ per gli impegni personali di ognuno e un po’ perché anche musicalmente penso che ci debba essere della chimica...come con le donne!
Prima di essere un gruppo bisogna essere amici e saper rimanere amici anche in caso di fine di un progetto. Tra di noi c'è una confidenza particolare e non ci salutiamo con ''ciao'', ma con ''sei un imbecille''. Quello è il nostro modo di volerci bene.
Suonare insieme è difficile, perché ogni musicista ha una propria visione musicale e non tutti magari possono averla sviluppata allo stesso modo di altri, per esempio un batterista avrà una visione ritmica, un pianista o un chitarrista avrà sia la visione ritmica che quella armonica e via dicendo.
Mettere insieme i vari modi di pensare e creare la musica può essere un mix vincente come può essere un disastro totale. Ma bisogna sempre provare per potersene rendere conto e vedere se con il tempo aumenta l'alchimia tra i vari componenti.
Suonare con una band dà molta più sicurezza che dover gestire un palco da solo, anche qui ci sono dei pro e dei contro. Una band ha un impatto maggiore sul pubblico rispetto a un singolo artista. Può avere anche un'energia e un coinvolgimento maggiore, ma se la band non è preparata oppure se non c'è la giusta alchimia tra i componenti è molto meglio suonare da soli, magari con un supporto digitale e lo strumento.
Il Leader ci deve essere sempre, qualcuno che alla fine sbatta il pugno e prenda delle decisioni, qualcuno anche che motivi il resto della band. Nei vari gruppi in cui ho suonato molti dicevano di non volere un Leader, ma alla fine per necessità qualcuno prendeva sempre in mano le redini e cercava di pilotare la barca. Nella maggior parte dei casi ho rivestito io questo ruolo, ma perché penso di esserlo genericamente anche nella vita.

7. Come avviene il processo di arrangiamento di un brano?
Mi piace riprodurre live quello che faccio in studio. Ho sempre sofferto quando andavo a vedere un'artista che mi piaceva e magari mi faceva una versione diversa di una canzone che mi piaceva, anche se però in alcuni casi l'ho apprezzato.
Ogni canzone che nasce nella mia testa ha già un'idea concreta di arrangiamento. È raro, molto raro che crei più arrangiamenti dello stesso brano e, se lo faccio, lo faccio per sfruttarli magari nelle varie strutture del singolo pezzo...sperimentando.
Non ho dei canoni, parto semplicemente dal presupposto che devo fare qualcosa che mi piace, ma che possa piacere anche a chi lo ascolterà.
Immagino la canzone come se fosse un quadro animato, in cui accadono delle cose, rappresentate da parti di arrangiamento. Non è facile arrangiare, spesso si mettono troppe cose e si fanno passare inosservate altre cose magari migliori. Bisogna saper scegliere...e non è mai facile scegliere.

8. Quanto peso dai a fattori come il nome della band e la sua immagine (vestiti, atteggiamento sul palco, logo...)?
Do molto peso a tutto ciò. Sono dell'idea che bisogna essere riconoscibili e facilmente ricordabili.
Avere un look e un immagine curata sul palco è segno di professionalità.
Quando diedi vita alla mia band cercavo dei musicisti disposti a suonare quello che scrivevo, ma non potendo garantire niente a nessuno non potevo neanche pretendere la completa disponibilità di tutti. Quindi pensammo di formare una big band formata da più musicisti che nell'evenienza si sarebbero alternati. Da lì venne fuori il nome "Approssimativi", che ci piacque per la simpatia.
Ultimamente abbiamo deciso di curare anche l'immagine, optando per un completo nero elegante con scarpa sportiva colorata e magliette Tee4Two (nostro sponsor).

9. Come affronti le esibizioni live?
Foto by Ass. Fotografica Il Salmastro
Prima di un concerto proviamo sempre a ritmi più elevati. Cerchiamo di arrivare sul palco sempre sicuri di quello che faremo durante il live. Sto molto attento a far si che la parte musicale sia ben compatta. Ai miei concerti cerco di far vedere quello che sono, ovvero un cantautore polistrumentista. Infatti non mi limito a cantare e suonare il pianoforte, ma suono anche la chitarra e la batteria, raccontando e presentando ogni brano. Faccio anche letture. Difatti nei concerti prima di Creatività leggo il lungo discorso di Einstein sulla crisi e la creatività.
Non essendo un Cantante con la tecnica dei cantanti che magari hanno approfondito più di me, cerco di mettere in mostra nelle esibizioni tutte le mie qualità artistiche.
Cerco sempre di coinvolgere il pubblico parlandoci, facendolo ballare ed è fantastico quando si fanno prendere! Purtroppo non sempre il pubblico è pronto a divertirsi e magari reagiscono meno, però sto cercando sempre di più di imparare a saper gestire alla stessa maniera entrambe le situazioni.

10.  Fai un bilancio della tua attività di musicista fino a questo momento.
Devo ammettere che ho appena avuto un lungo momento di riflessione e mi sono visto passare davanti agli occhi tutto quello che ho fatto. È facile lamentarsi di quello che non si ha, ma se ci penso bene per avere l'età che ho mi sento di aver raggiunto molti obiettivi. Tra cui quello di dimostrare che non sono uno dei tanti, che sono musicalmente interessante.
Non si dà importanza spesso a tante cose. Ho avuto esperienze lavorative dove magari non sono stato pagato per inadempimento contrattuale da parte dei produttori, ma dove ho portato a casa bagagli pieni di esperienza e curriculum.
Ricordo che parlavo con il pianista della mia band, al tempo mio insegnante di pianoforte, che mi disse "perché non provi a partecipare a X -Factor?".
In quel momento nella mia testa ho avuto per un secondo l'immagine di me sul palco con i nomi del panorama musicale attuale e posso dire di esserci riuscito. Sono stato sul palco con persone come Mengoni, Elisa, Giorgia, Mario Biondi, Morgan...incontro persone che mi fermano per strada e si complimentano con me...ho acquistato una credibilità che forse prima non avevo.
In questo anno mi piacerebbe riuscire a finire questo disco, magari con una buona distribuzione e fare tante serate per poterlo presentare in giro e soprattutto per suonare, suonare e ancora suonare!

















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